Ritiro sociale in adolescenza: cos’è e come affrontarlo

Conosciuto anche attraverso la parola giapponese hikikomori, il ritiro sociale in adolescenza è un fenomeno che porta all’auto-esclusione dai rapporti sociali, dalla classe e dalla scuola, dai luoghi ricreativi e di aggregazione. Si stima che gli hikikomori in Italia siano circa 100.000 casi: ragazzi tra i 14 e i 25 anni, con un possibile aumento di casi che coinvolgono anche il genere femminile.

Cosa significa hikikomori

Per capire il tema del ritiro sociale nell’adolescenza (ritiro che potrebbe essere visto come un rifiuto verso il contatto sociale) è bene partire dal significato della parola giapponese hikikomori, che alla lettera significa “stare in disparte”. Il fenomeno hikikomori nasce e si sviluppa principalmente in Giappone per poi diffondersi nelle aree del mondo più industrializzate.

Il fenomeno del ritiro sociale

Gli adolescenti ritirati sono per lo più giovani di sesso maschile e hanno un’età compresa tra i 13 e i 20 anni

La causa di questo disagio può essere ricondotta a una progressiva mancanza di fiducia in sé e a un deficit nella strutturazione della propria identità. Due condizioni, queste, da cui possono derivare sensazioni di angoscia dovute al pensiero più o meno consapevole di dovere affrontare una prestazione, con le relative aspettative da parte del mondo degli adulti e dei pari.

Il ritiro sociale può essere accompagnato anche da una forte somatizzazione, che prevede sintomi quali dolori fisici (mal di testa, vomito) e stati d’animo invalidanti:

  • ansia marcata o panico;
  • umore depresso;
  • paura dell’esterno o ansia per l’incontro.

Possibili cause del ritiro sociale in adolescenza

Il ritiro sociale nell’adolescenza può essere causato da una interazione dinamica tra più cause:

  • vergogna;
  • senso di inadeguatezza rispetto a sé stessi e in rapporto agli altri;
  • senso di disagio percepito, spesso senza consapevolezza, nel passaggio dalla fase infantile a quella adolescenziale. 

Quest’ultimo elemento influisce spesso sui cambiamenti dell’immagine di sé e del proprio corpo che l’adolescenza comporta. 

Il corpo come fattore da considerare

Anche il corpo è un fattore da considerare: il corpo di un adolescente, infatti, è in trasformazione, biologica e fisiologica, e la stessa psicologia risulta mutare vorticosamente. La mancata integrazione di questo sviluppo può determinare sofferenze.

L’adolescente allora, sentendosi inadeguato o non apprezzabile, tende ad adottare una strategia di camuffamento o alleviamento, fino alla eliminazione del corpo nell’interazione con gli altri. In poche parole: ha paura di essere visto. Il corpo degli adolescenti comunica, anche se spesso è difficile decifrarne la lingua.

La mancanza di fiducia interna, grazie alla quale è possibile elaborare il lutto dell’ideale infantile, può svilupparsi come fonte di incertezza e portare con sé minacce di fallimento. Una protezione a tutto questo viene trovata dall’adolescente nella chiusura. Se infine, malauguratamente, a questa chiusura si associano casi di bullismo, sofferenza e senso di sfiducia viene purtroppo facilitata l’apertura di ferite profonde.

I rischi del ritiro sociale

Il ritiro sociale viene visto dall’adolescente hikikomori come la soluzione immediata al suo dolore: somatizzazione e angosce tendono a sparire, e si ha l’illusione momentanea del controllo. Una sorta di farmaco che anestetizza le frustrazioni della vita.

In questo “bunker regressivo” i ragazzi pensano di essere al riparo dai nuovi compiti evolutivi: cambiamenti del corpo, delle responsabilità scolastiche, personali, e delle relazioni, che hanno ormai delle sfumature erotiche e sessuali. Ma il “costo” di questo farmaco errato è enorme e può comportare:

  • isolamento;
  • appiattimento affettivo e sentimentale;
  • blocchi nello sviluppo della personalità;
  • incapacità di confrontarsi con la realtà;
  • inibizione della crescita identitaria.

Come entrare in relazione con un figlio “ritirato”?

I genitori faticano a capire i comportamenti del figlio ritirato. Inizialmente cercano le cause in patologie fisiche, nella svogliatezza o in atteggiamenti da “bambino capriccioso”. Questa fatica è comprensibile e dolorosa, e deriva dalla difficoltà nel vedere che la sofferenza del ragazzo è profonda, reale.

Tutte le dinamiche familiari sono messe in discussione, e il lavoro del terapeuta con i genitori consiste nel progressivo avvicinamento tra la sofferenza del figlio e quella dei genitori stessi, per sviluppare una reciproca comprensione e un mutuo ascolto

L’intervento clinico nei casi di adolescenti hikikomori

Il più delle volte, in questi casi, per le ragioni che sono state brevemente spiegate in precedenza, è difficile che il ragazzo riesca a recarsi nello studio del terapeuta. Almeno inizialmente è importante che sia il terapeuta a recarsi presso l’abitazione dell’adolescente o che si concordi di utilizzare telefono o pc per potere comunicare.

È importante che, contestualmente al lavoro con il ragazzo, il terapeuta si faccia carico anche del dolore e della difficoltà dei genitori e dei familiari. A tal proposito potrebbe essere utile creare una vera e propria “équipe curante” composta anche da altre figure professionali, quali ad esempio: educatori domiciliari, neuropsichiatra ecc..

In questi casi l’intervento e il supporto del terapeuta sarà necessariamente un intervento di media-lunga durata.

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